Un aspetto tipico della personalità narcisistica è la tendenza a piangersi addosso, a sentire che tutto quello che succede dipende da un qualche fattore esterno: qualche persona cattiva, il governo ladro e le contingenze, la sfiga… quasi tutto può andare bene come capro espiatorio. L’importante è che la persona narcisista non si senta mai parte in causa, in qualche modo protagonista di questa cosa che gli accade, che sarebbe in realtà la sua vita dove ha un’enorme voce in capitolo. Ma il narcisista tende non accorgersene mai e pur di potersi piangere addosso, pur di potersi dipingere come una persona da compatire, è disposto a rinunciare alla possibilità di cambiare le cose.
Se non ci percepiamo come fattori di cambiamento, come persone capaci di cambiare o di iniziare il processo al cambiamento da qualche parte, di mettere mano alle cose che non ci piacciono nella nostra vita, stiamo veramente rinunciando alla capacità di farlo succedere.
Ci mettiamo nelle mani di qualcos’altro che dovrebbe accadere al di là della nostra volontà.
Naturalmente è una cosa molto frequente, e infatti mi rivolgo a chi spesso mi fa una qualche variante di questa domanda: “Ma non sarà che in realtà la persona narcisista sono io?” “Ma non sarà che ad andare col narcisista, ho imparato anch’io queste modalità, ho iniziato a zoppicare pure io?”
Esistono aspetti che sono parte della personalità narcisistica e sono contemporaneamente talmente frequenti da essere considerati normali, ma una cosa comune non è necessariamente okay, e non è necessariamente qualcosa che valga la pena di continuare a perseguire, anche se appare come lo sport nazionale. Per esempio, la tendenza a lamentarsi e a percepirsi come le vittime dell’esistenza.
Ci sono due modi fondamentali per esprimere sofferenza: quello temporaneo e quello permanente.
Se è una cosa temporanea perché stai attraversando una qualche forma di crisi e ti lamenti, ti arrabbi, sei triste, ecc., non solo è okay, ma va benissimo perché è proprio quello che ti permette di arrivare in fondo alla crisi e tirare fuori tutto, piangere tutto quello che c’è da piangere. È utile per andare in fondo alla questione e poter poi finalmente risalire la china e voltare pagina.
Quando invece succede che una persona si lamenta in modo permanente, come stile di vita, allora sì che entriamo in una sfera narcisistica. Lo fanno tante persone senza accorgersene, a prescindere dall’essere più o meno narcisisti; è qualcosa che potrebbe essere utile monitorare, tenere d’occhio dentro di noi, come esercizio di presenza per notare quando mettiamo in scena queste modalità, al di là dei tratti sociali dell’epoca, lo Zeitgest che ogni tanto percepiamo e realizziamo.
È interessante quando ti rendi conto che questo lamentarsi, in realtà, è di una civetteria insopportabile. E’ come se mi sentissi al centro della cattiveria di qualcuno o di qualcosa, quando chiaramente non è così. Piuttosto egocentrico, non trovi?
Al contrario, avere un atteggiamento proattivo è molto più umile, più easy, racconta di una persona con i piedi per terra che veramente fa succedere le cose, ci mette la faccia ed è disposto a rischiare e accettare di sbagliare, di fare qualcosa di meno che perfetto.
Il vero perfezionista che ha standard elevatissimi (tipo il narcisista), non si mette mai in gioco, non fa mai quel passo: sta lì, si siede e si lamenta. E quindi è interessante vedere quando lo facciamo noi, per capire se, in quel momento, stiamo agendo da egocentrici; che tipo di comportamento stiamo interpretando e a quali modelli assomiglia, di quelli che abbiamo osservato attorno a noi.
In verità, le cose veramente immodificabili, le cose necessarie, come dice uno dei miei mentori, Gary Douglas, sono veramente poche, pochissime: tutto il resto dipende dalle nostre scelte.
Testi sempre molto interessanti e utili