Ho ricevuto questo messaggio, e so che chi scrive è in buona compagnia. Moltǝ di noi si ritroveranno in queste parole.

“Ciao Sibilla! Volevo chiederti un parere. Ma si fa male a rifiutare un regalo dal partner? Se lui ha il desiderio di farmi un regalo o dei fiori e me lo dice e io gli dico: non ti preoccupare non c’è bisogno. Non mi interessano le cose materiali, per me sei tu il regalo più importante, la tua presenza, è stare con te, avere i tuoi abbracci e baci. Credi che a lui possa arrivargli un altro tipo di messaggio? Posso passare per una che si dà poco valore? Credi che è giusto lasciarglielo fare? Io non glielo impedisco, mi piace, ma mi sento come quasi non degna di riceverlo. Come qualcosa di troppo, quasi mi vergogno. È un paradosso ma è così. Mi piace tantissimo però poterli fare a lui.”

Quello che chiami ‘carattere’ è un sintomo

Spesso prendiamo le nostre fissità, quelle che percepiamo come alterazioni della norma, e le trattiamo come un innocuo aspetto del nostro carattere.

“Sono fattǝ così, non mi piace ricevere regali!”

Lo liquidiamo come se fosse un gusto personale. Ma non lo è.

Un gusto è: “mi piace la musica trap più del rock psichedelico”. Un gusto è: “preferisco il riso alla pasta”.

Ma “ricevere regali mi imbarazza” non è un gusto. Questo parla di altro. Vediamo di cosa.


Cosa si nasconde dietro l’imbarazzo?

Quando la prospettiva di un regalo ti mette a disagio, è perché stimola delle paure profonde, spesso legate a schemi che hai appreso e interiorizzato.

Ecco alcune delle domande che potrebbero scattare dentro di te:

  • 1. “Ho fatto abbastanza per meritarmelo?” Se da piccolǝ i regali erano intesi come premi per esserti comportatǝ “bene”, potresti aver interiorizzato il messaggio che tu, “al naturale”, non fossi abbastanza degnǝ di ricevere attenzioni. Il regalo diventa una performance, non un dono.
  • 2. “Cosa devo dare in cambio, se accetto?” Se i regali sono stati usati contro di te come una moneta di scambio, un “gettone” erogato a piacimento da qualcunǝ per esigere poi qualcosa in cambio, è normale che tu li viva con sospetto. Il regalo non è un dono, è un debito.
  • 3. “Cosa c’è sotto, davvero?” Se i regali sono stati usati come lusinga per tenerti buonǝ, per farti “mandare giù” qualche schifezza o qualche sopruso (“Come puoi lamentarti, con tutto quello che ti do?”), impari che il dono è un’arma di manipolazione. Non è un dono, è un silenziatore.
  • 4. “Oddio, sembro bisognosǝ?” Questa è la paura di chi, ogni volta che ha espresso un bisogno, è statǝ trattatǝ come un’appestatǝ. È il sottinteso culturale, mai detto ma potentissimo, che la donna (soprattutto) debba dare, dare, dare sempre, senza mai chiedere nulla per sé, se non vuole passare da egoista e disadattatǝ. E così impariamo a fare cose difficilissime sorridendo, grate per le briciole, raccontando a noi stesse che stiamo benissimo e non ci serve niente.
, Sibilla Iacopini

Ridefinire il “Ricevere”: Parità e Vulnerabilità

E invece no.

La capacità di ricevere un regalo, un pensiero, o una semplice attenzione che ci mette al centro, sposta l’equilibrio. Essere capaci di ricevere ha due significati potentissimi.

Primo: stabilisce una parità. Siamo entrambǝ degnǝ di ricevere e ci onoriamo a vicenda nel dare. È una celebrazione del reciproco piacere di esserci trovatǝ. È un atto di autonomia emotiva, umanità e reciprocità.

Secondo: ti costringe a essere vulnerabile. Se ricevo un regalo da te, significa che so stare nella posizione di chi mostra gratitudine. Mi metto “nelle tue mani”. Sto dicendo, implicitamente, che tu sei in grado di darmi piacere. In pratica, sto accettando di non essere in controllo.

Se tu non ricevi mai, ma continui solo a dare, dare, dare (“perché ti piace tanto dare”), l’altrǝ si sente come un oggetto inondato dal tuo amore, ma fondamentalmente inutile. Certo, può essere piacevole all’inizio, ma dopo un po’ diventa frustrante. Lo fa sentire interscambiabile. Una specie di idolo passivo della tua devozione, non una persona che ha il potere di farti godere.

E ti dirò di più: non solo non ti sarà extra-grato per questo tuo “non aver mai bisogno di nulla”, ma col tempo inizierà a percepirsi inutile e a sviluppare risentimento nei tuoi confronti.


Imparare a Ricevere è un Lavoro (per Te)

Imparare a ricevere non è qualcosa che devi fare “per far star bene l’altro” (anche se, come abbiamo visto, gli farà un gran bene).

È un lavoro che fai per te. Per migliorare una tua rigidità che, alla fine, ti danneggia.

Essere nella posizione del ricevere ti espone. E questo fa paura, lo so.

Ma l’obiettivo è proprio questo: diventare più vulnerabile, espostǝ, umanǝ. Mettere i piedi ben piantati per terra, nella dimensione umana dove si riceve e si dà alla pari, ugualmente imperfetti e in viaggio.

Significa scendere dal piedistallo di “quellǝ che non ha bisogno di niente” e accettare di essere un po’ in balia delle persone a cui vogliamo bene. Persone che, in questo modo, avranno il potere di deluderci, certo, ma anche quello di farci profondamente piacere.

La relazione sta facendo il suo lavoro: ti sta mostrando, come uno specchio, le parti di te sulle quali puoi lavorare per evolvere. E di questo, anche la relazione stessa, non potrà che beneficiare.


E tu? Ti ritrovi in questa dinamica? Ti crea imbarazzo ricevere, o al contrario, ti senti frustratǝ se il tuo partner rifiuta i tuoi doni? Raccontamelo nei commenti.

Se senti che questa difficoltà nel ricevere è legata a doppio filo alla tendenza a dare sempre, a sminuire i tuoi bisogni e a ritrovarti in relazioni sbilanciate, il mio percorso di autocoaching “Da Eco a Nemesi” è pensato proprio per questo. È un viaggio per smontare questi schemi, imparare a stabilire i confini e ritrovare il tuo valore, per costruire finalmente relazioni alla pari. Clicca qui per tutte le informazioni.

A presto!

Sibilla